Clessidra Ribelle | di Silvia Crupano |
Ci chiediamo spesso, o leggiamo, ascoltiamo riflessioni sul concetto di viaggio e – specie nei periodi estivi – sull’idea di vacanza. Ma se è vero che per ciascuno queste “evasioni” hanno un significato e una declinazione diversi, ciò che hanno in comune è senza dubbio l’esperienza della “riscoperta”. Che si tratti di assaporare nuovamente ritmi e attività impossibili o dimenticate nei mesi lavorativi o di ritornare in luoghi già visitati, oppure ancora di rivedere persone lontane, la vacanza svela soprattutto chi siamo veramente.
Liberi da vincoli di orario, consuetudini, controlli e obblighi, entriamo in quella magica atmosfera estiva che, soprattutto nelle località di mare, tanto somiglia a un miraggio: i ritmi rallentano, l’esposizione al sole ipnotizza e rilassa, i cibi sono più gustosi e sani, la mente vaga fra pensieri e riposo. Chi non ha provato questa sensazione di beato spaesamento, così dolcemente cantata da Gino Paoli nella sua “Sapore di sale”?
Riaffiorano abitudini e stili di vita sepolti dentro di noi per mesi e mesi, ci sembra di tornare bambini e poter fare ed essere tutto ciò che vogliamo, come se la stagione non dovesse mai finire. E difatti a settembre ci sentiamo ritemprati, come nuovi e carichi di buone intenzioni ed entusiasmi: pronti a nuovi inizi, a fare i conti con quei problemi rimasti ad attenderci, capaci di prendere in mano la nostra vita. Dura poco, lo sappiamo, ma non importa: la verità più preziosa è che il modo in cui viviamo queste parentesi racconta la nostra storia, mette in scena – capovolgendole in lieto fine – le nostre frustrazioni, i sogni impolverati nel cassetto, quei lati del carattere che per tanti diversi motivi il resto dell’anno non vedono la luce.
Gli esiti sono, naturalmente, positivi e negativi: c’è chi può abbigliarsi comodamente, scendendo dai tacchi a spillo e svestendo opprimenti “divise” da ufficio, chi in agosto legge tutti i libri accumulati nei precedenti undici mesi, chi riesce a mettersi a dieta perché col caldo e il “ritorno alla natura” il leggerissimo cibo estivo è particolarmente appetibile, chi ama viaggiare e si lancia in faticose esplorazioni da condividere subito sui social network.
Ma purtroppo questa sorta di “tana liberi tutti!” che è la vacanza, libera anche istinti assai sgradevoli: bambini a briglia sciolta che sfogano tutta la maleducazione imparata dai genitori, con schiamazzi che frantumano ogni idea di quiete; adulti – o presunti tali – che assumono atteggiamenti da regresso adolescenziale e collezionano – secondo i gusti – inchiodate sulla strada a pochi centimetri dalle gambe di qualcuno, amanti estive volgarmente esibite, spazzatura su spiagge, in mare e nei boschi.
Per chi scrive, la riscoperta consiste nel tornare nell’amata Sicilia e ritrovarsi a contatto non solo con la propria identità più autentica ma anche con divertenti o affascinanti “esperimenti antropologici”. Alcuni paesini siciliani sono vere porte per viaggiare nel tempo, una finestra su “come eravamo” non troppi decenni fa: dialetto stretto anzi, un’altra lingua, una cultura che insieme è ignoranza e “sapere popolare”, evidenti arretratezze sociali e amministrative. Ma anche una semplicità e immediatezza di modi, pensieri e parole che nelle nostre sofisticate città di rado si incontrano, presi come siamo da “cosmesi comunicative”, sottigliezze, ipocrisie. E allora anche andare a comprare il pesce al porticciolo può diventare un’esperienza indimenticabile, così come di certo resterà impresso nella memoria quel ragazzo a cavallo, senza sella, che all’improvviso una sera è spuntato fra le auto da un incrocio trotterellando come se nulla fosse.
Come in tutte le ricerche, non sempre ciò che si scopre alla fine rende felici e allora ci si racconta che dev’esserci un errore, che non era quello che si stava cercando, che quelli non siamo noi. Tuttavia, ripensando agli aneddoti, a quello specialissimo stato di sospensione dallo spazio e dal tempo, a quanto ci siamo sentiti liberi, rinunciamo ad ogni mascheramento: sì, eravamo proprio noi, siamo noi, nudi e puri in tutte le vite e le esperienze che avremmo voluto scegliere e che la contingenza ci ha sottratto. Finché la magia dell’estate non ce le ha restituite, almeno per qualche giorno.
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